Sito del Museo Mineralogico di Isola del Giglio
 
(ASSESSORATO ALLA CULTURA COMUNE ISOLA DEL GIGLIO E REDAZIONE GIGLIONEWS)
con la collaborazione del Prof. Alessandro Fei

5) Franco, che passione!

Itinerario da effettuare via mare: Torre di Campese - Terzo pilone - Punta Faraglione - Punta delle Saline - Scoglio di Mezzofranco - Punta di Pietralta - Cala dell'Allume e ritorno.

Tempo: 2 ore almeno. Dislivello: non applicabile. Periodo indicato per l'escursione: si consiglia in estate, e comunque in condizioni di calma di vento. Vicinanza al mare: sul mare. Spostamenti sulla terraferma: rigorosamente a piedi. Attrezzature: sandali chiusi o scarpe da passeggiata, lente di ingrandimento.

 

Non si può lasciare il Giglio senza aver visitato il Franco, e non si può assaporarlo se non via mare. Ma questo anomalo accumulo di rocce sedimentarie ed ofioliti va vissuto nei suoi scogli, nei suoi piccoli anfratti. E' quindi consigliabile avere una piccola imbarcazione che ci permetta di fermarci nelle numerose calette presenti.

 

Si parte dalla Torre di Campese e si procede spediti verso la Cala del Pertuso. Si raggiunge rapidamente il “terzo pilone” e si ammira, dal mare, la stratificazione degli scisti argillosi violacei e delle anageniti presenti.

 

Il Franco ha una composizione litologica molto differente dal resto dell'isola: come l'Argentario e Giannutri presenta rocce sedimentarie, residuo dell'originaria laguna che, cinquanta milioni di anni fa, occupava l'intera area. Si può affermare che il Franco altro non è che il suo fondale, emerso a seguito della risalita del magma granitico: guardare il Franco, quindi, è come gettare gli occhi sul passato, sulla costa di milioni di anni or sono.

 

Spostiamoci lentamente, assaporando l'itinerario momento per momento, verso la Punta Faraglione: le rocce cambiano colore, e lentamente i violetti scisti argillosi lasciano lo spazio al nero calcare cavernoso di cui sono costituiti lo Scoglio della Donzella e il Faraglione.

 

Vale la pena ricordare che le rocce della Punta, in origine, erano poste sopra il Poggio Giannetto, e la risalita del magma ha comportato un interessante fenomeno di “inversione stratigrafica” per il quale le rocce più antiche (gli scisti argillosi e le anageniti) sono poste in alto, e quelle più recenti (il calcare cavernoso) in basso.

 

Doppiamo il Faraglione e ci dirigiamo verso il rovinio della Punta delle Saline. Conviene scendere a riva e camminare un po' sulla scogliera: ci troviamo su quel che rimane dell'antichissima Cava del Gesso (certe carte riportano ancora il toponimo Punta del Gesso), in cui piccoli campioni di gesso bianco latte occhieggiano sornioni tra gli scisti. Due passi per riposarsi, e torniamo in mare, puntando la prua verso sud. Accanto a noi si stende la scogliera di Mezzofranco, ricchissima di minerali, sui quali troneggia signore assoluto il quarzo, in bellissime cristallizzazioni bianco-latte che altro non chiedono che di essere ammirate. La conformazione della scogliera non ci permette di attraccare, e proseguiamo diritti verso la Punta di Mezzofranco. Davanti a noi lo Scoglio di Mezzofranco, dalla forma vagamente leonina, appare splendido nel suo verde profondo: si tratta di un masso erratico di prasinite, residuo di un fondale oceanico primordiale giunto fin qui in tempi remotissimi e lentamente corroso dal mare. Il Poggio Zuffolone troneggia sopra di noi, tenendosi ben strette le sue interessantissime ofioliti.

 

 

Tutto il Poggio è un affascinante esempio di alterazione di tali rocce, laboratorio naturale per generazioni di geologi: sulla vetta del Poggio compare il gabbro inalterato, verde scuro, quindi progressivamente questo tende a trasformarsi in anfibolite verde chiaro ed infine, in prossimità del mare, in prasinite che solo in parte ricorda l'originario colore. Alla fine dell'Ottocento proprio in queste rocce il Franchi individuò piccoli cristalli rosa carne di un raro minerale, la lawsonite: il fatto curioso è che anche se nessun ricercatore la ha più reperita, tutti i testi di mineralogia descrittiva la segnalano al Giglio. I minerali delle ofioliti interessano solo gli scienziati, ad eccezione di belle lamine di diallagio recentemente scoperte.

 

Puntiamo quindi la prua verso la Punta di Pietralta, luogo molto famoso per i collezionisti di minerali. Da qui provengono gli splendidi campioni di “quarzo con la malachite” che fanno bella mostra di sé in molti Musei di Mineralogia italiani e non: nel bianco del quarzo compaiono, in un arcobaleno inenarrabile, masserelle verde smeraldo di malachite, cristalli blu di azzurrite, perfette piramidi nere di calcopirite e blenda talora ricoperte da cristalli arancioni di smithsonite, sferule celesti di rosasite, masse color mattone di fosgenite, lamine biancastre di cerussite, di anglesite e di idrozincite, cristalli gialli di calcite, lamine trasparenti di gesso, splendidi individui grigio chiaro di galena e di tetraedrite, a volte ricoperti da atacamite verde pisello, geminati a sella di dolomite giallastra ...e chi più ne ha più ne metta! Ogni campione ha un fascino particolare, e non ci sono due campioni uguali.

 

Purtroppo i “pezzi” di Pietralta sono stati per anni ricercati in modo smodato e devastante, e quello che poteva essere uno dei “laboratori” naturali più importanti d'Europa per lo studio delle alterazioni dei “solfuri misti”, un regalo di Madre Natura alla Scienza si è trasformato, a causa di cercatori irrispettosi dell'ambiente o “ingegneri minerari in erba”, in una pietraia desolata, con gallerie scavate nella roccia così malamente che definire “pericolanti” è un'eufemismo.

 

Lasciamo quindi Pietralta per dirigersi verso l'Allume, altro luogo dai colori violenti e allucinati. Ma il fascino dell'Allume si apprezza di più seguendo le strade degli antichi minatori che arrivandoci via mare: poniamo quindi la prua a nord, verso il Faraglione e la Torre di Campese.